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“Biodegradabile” e “compostabile” sono la stessa cosa?

04/12/2019

Spesso i due termini vengono usati come sinonimi, ma davvero hanno lo stesso significato?

La risposta è “no, rappresentano due processi diversi”. Hanno differenze che bisogna conoscere per non incorrere in errori quando si fa la raccolta differenziata.

Un materiale è “biodegradabile” quando ad opera di microrganismi (come gli enzimi, i batteri, i funghi, le alghe, …) si frammenta e poi si scompone in molecole più semplici perché gli stessi microrganismi lo riconoscono come cibo e quindi lo mangiano e lo digeriscono. In questo processo il carbonio contenuto nel materiale biodegradabile si converte da organico a inorganico, cioè in minerale.

Per intenderci, se il processo si fermasse solo alla frammentazione iniziale, significherebbe che il materiale è stato semplicemente degradato; se il processo continua fino alla mineralizzazione, allora il materiale è biodegradato, cioè il materiale è stato completamente trasformato, non solo in parte, e assimilato da parte dei microrganismi come se fosse cibo.

In Natura poi il fatto che venga in contatto anche con gli agenti atmosferici e altri diversi fattori (come la luce solare, il freddo e il caldo, l’umidità, un ambiente fortemente ossidante, danno meccanico, variazioni di ph, …), fa ipotizzare che un materiale subisca la sua trasformazione in tempi diversi a seconda appunto della variabilità di questi fattori. Ma se è biodegradabile verrà comunque completamente trasformato.

Quasi tutti i materiali si degradano, ma la differenza è sul tempo che impiegano a trasformarsi. La plastica per esempio impiega centinaia di anni, inoltre è costituita da materie prime inquinanti, che vengono rilasciate nell’ambiente danneggiandolo.

La normativa europea (UNI EN 13432 del 2002) ha stabilito che un materiale può definirsi biodegradabile se si frammenta entro 3 mesi e si dissolve (cioè viene digerito dai microrganismi) del 90% entro il tempo di 6 mesi.

“Compostabile” invece è un materiale che non solo è biodegradabile, ma si trasforma e degrada totalmente in meno tempo, per la precisione in 3 mesi. Letteralmente “compostabile” significa “trasformabile in compost, cioè in concime naturale, che può essere utilizzato in agricoltura come fertilizzante.

Nella vita di tutti i giorni conoscere questa differenza ci farà differenziare in maniera corretta. I materiali biodegradabili (come la bio-plastica per intenderci) dovrà essere comunque gettata nella plastica perché non è compostabile, mentre un rifiuto compostabile nella raccolta dell’umido/organico.

La bio-plastica è un polimero di origine vegetale: è ottenuto dalla canna da zucchero, dalla Canapa, dal Frumento, …insomma da fonti rinnovabili. Attenzione però. I materiali vengono bio-degradati se contengono carbonio, ma la bio-plastica, che è stata processata chimicamente e magari addizionata di additivi sintetici, non sempre ha una composizione tale da essere biodegradata completamente. Per questo deve essere smaltita insieme alla “plastica tradizionale”.

Posto che la biodegradabilità di un prodotto è solo uno degli aspetti del suo impatto sull’ambiente (nel senso che la biodegradabilità fa parte del suo smaltimento, ma bisogna considerare anche la sua filiera di produzione), ridurre il consumo di plastica in generale, riciclare, scegliere packaging più sostenibile possibile (come il vetro) e anche prestare attenzione ai simboli sugli imballi dei prodotti e sui materiali che maneggiamo ogni giorno per differenziarli nella maniera più corretta possibile, sono sicuramente i gesti migliori per un ambiente più pulito e sano.
 
 
Nota Bene!

Ho accennato al vetro. E’ davvero migliore della plastica?

Ragioniamo insieme.

La plastica, come già scritto sopra, si biodegrada in centinaia di anni, mentre il vetro non si biodegrada MAI!

Quindi??

Quindi la bottiglia di vetro si può riutilizzare all’infinito, riciclandola al meglio. In più, se polverizzata, diventerà sabbia e dagli animali e dall’ambiente sarà percepita alla pari di un sasso o una pietra. La plastica no! La plastica si degrada, si trasforma, e in un modo o nell’altro, tramite un ciclo o l’altro, ce la ritroviamo nel nostro organismo!

Lo stesso ragionamento si può fare per le maschere per il viso in argilla piuttosto che in tessuto non tessuto (mi riferisco al TNT, non alla fibra di cellulosa o bamboo). L’argilla sabbia è e sabbia sarà (al di là degli ingredienti aggiuntivi che può contenere la maschera in questione). E’ praticamente inerte. Mentre il tessuto non tessuto si biodegrada.

Quindi non essere biodegradabile non sempre significa dannoso e pericoloso per l’ambiente: vuol solo dire che non ci sono microrganismi che lo degradano e lo digeriscono, trasformandolo in altro.

Ultima considerazione.
​​​​​​​Naturalmente il gesto di gettare a terra o in mare è inconcepibile e non giustificabile a prescindere, anche se si tratta di materiale biodegradabile o compostabile per una questione di civiltà prima di tutto e anche perché la persistenza nell’ambiente sarebbe comunque di anni!